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i: Eolo Perfido
3 Marzo 2011|i:

i: Eolo Perfido

i: Eolo Perfido

Non avete nemmeno la vaga idea di quanto io sia orgogliosa e trepidante… no no, nemmeno lontanamente. Con lui è stato amore a prima vista; schiantata secca. E’ uno dei miei autori preferiti, quelli che ti metti a guardare e riguardare infinite volte, quelli ai quali vorresti carpire i segreti a forza di rovinarti gli occhi sulle loro foto. Le sue immagini sanno essere delicate e strazianti allo stesso tempo. Averlo ospite oggi mi fa sentire una quattordicenne in piena tempesta ormonale. Due chicchiere con Eolo Perfido (chi l’avrebbe mai detto). Fotografo pubblicitario e di moda, autore di meravigliosi ed intensi ritratti, si sta dedicando anche alla street photography e potete leggere di lui sul suo blog.

Perchè Roma? E non New York o Londra. Molti fotografi se ne vanno all’estero per avere più stimoli e opportunità. Tu rimani in Italia per scelta?

Ho la fortuna di viaggiare moltissimo per lavoro ma alla fine trovo sempre piacevole tornare a Roma. E’ una città che amo molto.  Non ti nascondo che a volte mi passa per la testa l’idea di cambiare paese vista l’insofferenza che si prova in questo periodo storico nei confronti della nostra povera Italia, ma alla fine vuoi per gli affetti, vuoi per l’amore per questa città non accade mai. Ho vissuto diversi anni a Londra, San Francisco, in Irlanda ed in Francia. Esperienze molto importanti per la mia crescita anche come fotografo.

Dei tuoi ritratti si può dire che sono più degli auto-ritratti. Il segno è deciso e distinguibile. In ogni dove c’è Eolo Perfido. Ma sei realmente tu o è quello che vuoi far vedere di te?

Penso che i ritratti si facciano in due. Per quanto forte possa essere la personalità del fotografo, è innegabile che la faccia ce la mette il soggetto. Il risultato è un’immagine che per sua natura diventa altro. E’ bidimensionale, ferma nel tempo, immobile e quindi molto diversa da noi che siamo costretti a cambiare in continuazione. Non saprei dirti se in quei ritratti ci sia qualcosa di cosa sono stato o cosa sarò. Lascio decidere agli altri.

Il messaggio nelle tue foto è sempre molto forte, quasi urlato a gran voce. E’ una necessità? Per alcuni la fotografia è terapia. Lo è anche per te?

Eppure io ci vedo ancora una serie di costrizioni, come se non urlassero come vorrei. Sono d’accordo con te. E’ terapia. Ma direi che sono ancora nel bel mezzo del trattamento.

Trovo che nelle tue immagini personali ci sia una persistente sensazione di disagio, a volte dolore. Quanto è preparato e studiato e quanto invece è improvvisato?

Le persone che mi conoscono superficialmente vedono in me un fastidioso e quantomai inefficace ottimista (ahimè, il pessimismo e molto più facile da trasmettere).  In realtà è solo una reazione naturale a quella che per me è la condizione dell’uomo. Non riesco a trovare un senso alle cose, a dare un ordine all’universo. Per me l’esistenza è un limbo senza confini, che ci costringe a vivere aggrappati a noi stessi, in equilibrio solo grazie a costruzioni della mente.
Non c’è futuro, ma solo continui attimi di presente che a malapena sfioriamo data la nostra natura transitoria. Il disagio che vedi probabilmente è un’eco di queste percezioni che sfociano in momenti di accettazione e quindi serenità o di disagio.
Ovviamente c’è anche molto altro nelle mie fotografie, un minestrone di cultura televisiva, di pervasivi anni 70 ed 80, di video musicali, registi di ogni genere, fumetti colti o anabolizzati.
E per onestà intellettuale anche tante scorciatoie, eco di una pigrizia latente, che portano alla realizzazione di fotografie che fai tue solo perchè nessun altro le reclama.

Coinvolgi sempre i tuoi soggetti nella realizzazione o dirigi tutto da solo?

Dipende. Di solito cerco di condividere alcuni aspetti delle immagini che andremo a creare senza però dare troppe indicazioni. Spesso scopro che il soggetto fotografato è in grado di inserire nel contesto una serie di variabili che rendono il tutto più interessante. In questo modo anche la mia mente curiosa si diverte e rende di più. Amo la componente casuale o meglio più strettamente umana di quei set fotografici che si approssimano a dei piccoli momenti di improvvisazione teatrale. Poi se davanti a me il soggetto non riesce a dare qualcosa di interessante, sono capace di guidarlo fino nei minimi movimenti. Ma capita di rado per fortuna.

Maschere, allegorie, rivisitazioni… ti ispiri spesso a mondi magici e surreali. In questo si esprime più l’adulto o il bimbo?

Il bimbo cresciuto.

Alcune foto sono frutto di molta buona post-produzione. Le immagini che hai in mente escono subito o devi far depositare e rielaborare il tutto?

Ogni volta è diverso. Parte del lavoro è nel definire un contesto, costruire un set, dei personaggi, delle atmosfere. Poi quando si scatta entrano in gioco dinamiche che possono trasformare tutto. Per poi cambiare di nuovo nell’atto finale ed intimo del ritocco fotografico. All’inizio questa mancanza di controllo mi innervosiva, poi quando ho capito che è nella mia natura questa incapacità di seguire una via precisa quando creo delle immagini, ho fatto pace con le mie frustrazioni ed ho iniziato ad assaporare le gioie che si provano nel seguire il proprio istinto.

Che tipo di approccio hai con la post-produzione? E’ solo in funzione del risultato o a volte è frutto di sperimentazioni casuali?

Come ogni lavoro che si reitera nel tempo, ho i miei metodi, che ripeto a volte anche solo per pigrizia. Di tanto in tanto mi costringo a sperimentare. Vorrei realizzare sempre immagini che emozionino, anche se distanti da quello che era il pensiero originale quando ho iniziato il percorso creativo. Questo è ovviamente un compromesso, ma ormai lo riconosco facilmente ed ho imparato ad essere indulgente con me stesso.

Nelle tue immagini traspaiono la tua cultura e i tuoi interessi (cinema, libri, musica) ma come ti prepari per un lavoro commissionato?

I lavori commissionati mi costringono a tutt’altro tipo di disciplina. Come potrai immaginare mi confronto con i creativi che hanno ideato il concept. Parlo molto con loro e cerco, attraverso esempi spesso visuali, di avvicinarmi a capire quanto più possibile quello che vogliono ottenere. Poi il resto è solo tecnica, rigore e quando è possibile un pizzico creatività personale.

Ti senti mai inappropriato quando ti commissionano una pubblicità patinata? Spesso i fotografi vengono presi per i loro lavori personali ma poi gli viene chiesto di fare tutt’altro…

Non mi sento mai inappropriato. Amo mettere la mia esperienza al servizio di altri. Mi permette di mettere ordine nella mia camera degli attrezzi, di vedere con occhi diversi, di fare esperienze. Tutto questo non può che fare bene.

Ti lasci condizionare dalle tendenze del mercato o segui sempre la tua visione?

Mi faccio condizionare da quello che leggo e vedo. Quando scopro il lavoro di un creativo, anche di altre discipline, ne subisco il fascino e cerco spesso di trasportare quelle emozioni in quello che faccio. Questo ti fa cambiare, ma lentamente. Cambiare è un’esperienza che consiglierei a tutti.

Una cosa in comune l’abbiamo: l’amore per Tarsem. Ti stai dedicando anche al video?

Si, ma lentamente. Il mondo non ha bisogno di un altro regista frustrato. C’è così tanto di tutto in questo mondo connesso, che probabilmente riscoprire momenti di intimità creativa è un lusso che vorrei imparare a concedermi.

Come vivi la vasta community dei vari Flickr, Deviantart, Twitter etc. So che hai i tuoi account e da poco anche un blog. Obbligo del momento, strumento di comunicazione o necessità dell’attuale modo di condividere?

Tutto quello che hai detto. Sono figlio di una generazione che ha fatto esperienza della rete senza avere adeguati strumenti culturali. Ma è stato emozionante. Ora tutto sta accelerando e si prova una vertigine nel non essere parte di tutto questo. Migliaia di pagine viste, di followers, di amici. Molto di questo è inutile rumore ma penso ci siano anche delle opportunità. Per questo auspico strumenti nuovi, tecnici o cognitivi, capaci di aiutarci a scoprire le persone ed i luoghi per noi importanti.

Quando ci siamo sentiti per la prima volta mi hai detto di esserti divertito a leggere questo blog. Ritieni che la condivisone delle esperienze possa realmente stimolare? Tu hai trovato qualcuno che ha condiviso con te le sue esperienze?

Penso che condividere sia fondamentale. Se vuoi fare parte della rete devi mettere da parte ogni forma di rigidità. La rete è una rappresentazione del nostro sapere. E’ imperfetta e purtroppo ancora non accessibile a tutti. E poi c’è disordine, kaos, ma anche queste sono componenti umane con cui dobbiamo convivere. In questo mare c’è anche tanta qualità, cultura, sapienza.  Ho imparato che la generosità è anche una forma di marketing molto apprezzata dalla comunità. Dare per avere. Semplice.

Si può dire che nella fotografia tu abbia ottenuto un discreto successo fin da subito. Metodo, devozione o fortuna?

Metodo, devozione e tanta fortuna.

Vampire – © Eolo Perfido

Mariposa – © Eolo Perfido

Arkhee: the clown – © Eolo Perfido

hommage à Lindbergh – © Eolo Perfido

Lepidoptera – © Eolo Perfido

Nathalie – © Eolo Perfido

Propaganda – © Eolo Perfido

Queen – © Eolo Perfido

Shadows – © Eolo Perfido

6 comments
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6 comments

  • FRANCESCO
    3 Marzo 2011 at 14:35

    Trovo che Eolo sia uno dei professionisti piu bravi e capaci. I suoi lavori sono fuori dal comune, veramente belli.

  • 3 Marzo 2011 at 16:51

    Mio Dio, che meraviglia. Grazie di avere intervistato Eolo e di avermelo fatto conoscere (la mia ignoranza non ha mai limiti). Un grazie anche lui di avere condiviso le sue esperienze, che fanno sempre la differenza.

  • 4 Marzo 2011 at 08:49

    il nome di Perfido mi fu suggerito da un’amica un tre anni fa, lo aveva incontrato a Roma: “Fa belle foto” mi dice. Vado a vedere il suo portfolio e mi rendo conto che l’aggettivo usato dalla mia amica è, geniunamente, sottostimato per chi non vive il mondo fotografico. Le sue immagini mi attraggono, c’è quell’aspetto poetico che non è facile fermare. Eppure nell’ultimo periodo mi sto dedicando alla ricerca di autori lontani trascurando i creativi che abbiamo in casa. Non sapevo del blog di Perfido, ad esempio, cosa che eleco nei miei feed grazie alla tua segnalazione.

  • 4 Marzo 2011 at 23:37

    Molto, molto interessante il mix di generi e sperimentazioni. Le cose si contaminano sfogliando portfolio I. La parte fashion assume una vena inquietante e la parte street prende delle sfumature glamour. Comunque tutto molto intenso, soprattutto quando urla sottovoce.

  • 5 Marzo 2011 at 11:30

    Quando ho cominciato a fare foto le sue erano nella mia cartella “ispirazione”.
    Con il tempo i miei gusti sono cambiati e molte delle foto di quella cartella sono state sostituite da altre. Le sue sono rimaste, soprattutto quelle scattate con Elena Cucci.

  • Andrea
    9 Marzo 2011 at 20:23

    Grazie Barbara, intervista fantastica!

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