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i: Ferdinando Scianna
29 Ottobre 2010|Autorii:

i: Ferdinando Scianna

i: Ferdinando Scianna

Ecco, ce l’ho fatta. Oggi ho definitivamente “sfruttato” una conoscenza per qualcosa che va unicamente a mio vantaggio. Generalmente odio chiedere favori non necessari o disturbare persone se non per estrema necessità, ma oggi ho fatto un passo in più. Nonostante abbia lavorato con Ferdinando per quasi tre anni mi sento sempre in stato di inferiorità e di sudditanza nei suoi confronti. Non ce n’è, quando uno è maestro ti fa sentire piccolo piccolo. Ecco, oggi io sono piccola piccola.

Leggendo le risposte che mi ha inviato ho riso come una pazza in alcuni passaggi e pianto in alcuni altri. Non ho pianto vere lacrime ma il sentimento era molto simile a quando ti stanno dando una delle più brutte notizie del mondo. E tu devi incassare. E in quei momenti mi sono ricordata di quanto sia gradevole e simpatico ma anche terribilmente realista e concreto questo personaggio che ha realizzato parte della storia della fotografia mondiale. Attrae come il miele con le api ma sfugge come la prima ballerina dopo uno spettacolo. E lui è decisamente una prima ballerina!

Quali erano i punti di riferimento di Ferdinando Scianna a 20 anni? E ora quali sono diventati?

Ammesso che mi ricordi ancora di che cosa passasse per la testa di quel tipo di vent’anni che portava il mio nome ( e nemmeno quello visto che tutti mi chiamavano Fernando) i miei punti di riferimento in quegli anni erano soprattutto politici. Volevo cambiare il mondo. La fotografia, la letteratura, il cinema mi sembrava che a questo dovessero servire. Roberto Leydi per le sue ricerche antropologiche, Leonardo Sciascia , non ancora famoso, per i suoi libri ma anche per i suoi interventi goirnalistici nel giornale l’Ora di Palermo. Carlo Doglio per il suo essere lievito di idee e passioni. Il professore Cesare Brandi, scoperto all’Università, che aveva sconvolto le mie rudimentali idee estetiche. In fotografia l’informazione era scarsa, i libri pochi. Avevo scoperto da poco Cartier Bresson e quello non l’ho più abbandonato. Ma c’era anche Eugene Smith che poco a poco si è sbiadito sempre di più.

La Magnum è sempre stata un “raccoglitore” di fotografi d’eccellenza. Ci consiglia qualche nome da tener d’occhio di cui sentiremo presto parlare?

La Magnum è divenata diversa da quello che era. Prima selezionava l’eccellenza nella fotografia di racconto. Ora cerca anche altro, se non di più. E molti di questi a me interessano poco.  Bendiksen mi pare assai buono. Ma quando la gente arriva a Magnum già se ne è sentito parlare.

Con l’avvento del digitale abbiamo vissuto una dilagante diffusione di accessibilità alla produzione di immagini. Alcuni credono che questo abbi abbassato la qualità in generale della fotografia. Lei che ne pensa?

L’accessibilità non è il problema. Mi ricordo di quando, con l’arrivo delle macchine con l’esposimetro incorporato e poi automatiche molti si lamentavano che “ormai tutti potevano fare delle fotografie”. La fotografia è sempre stato un artigianato facile, accessibile. Ma anche nelle arti “difficili” i mediocri sono sempre stati la maggioranza. Non è l’accessibilità che fa la differenza. La differenza la fa la comprensione del mondo, la passione per quello che si ama o si odia, la capacità di raccontarlo, la capacità di inventare strumenti adeguati al tempo che stiamo vivendo. Altro che digitale.

Lei è eccellente fotografo, ottimo scrittore e gradevole e preparato oratore. Quale delle tre cose le riesce meglio, o con quale si sente più a suo agio e libero di esprimere il suo modo di vedere e sentire le cose?

Scrivere lo faccio per passione e con complessi di inferiorità. Sempre di più visto che i piedi latitano e le foto si fanno con i piedi. Quanto a parlare la gente mi ascolta, quando mi ascolta, perché ho fatto quelle foto. Almeno lo spero.

Ricordo che in alcune occasioni sfruttava la figlia più piccola per la selezione di immagini e stampe. In che modo una persona non allenata può percepire qualità diverse in una immagine? Usa ancora questo metodo?

Lo facevo con Francesca. Ci azzeccava sempre. Non per niente ha fatto un mestiere in cui conta l’immagine. Fa l’architetto.
La mia ultima non l’ho mai messa a servizio per scegliere. Ma l’ho fotografata fin dal giorno della sua nascita e quella foto l’ho venduta. Sfrutto tutto e tutti.

Il suo recente libro affronta un argomento piuttosto dibattuto. Ritiene ci sia ancora rispetto della dignità umana? Alcuni fotografi e alcuni editori sembrano non prenderla nemmeno in considerazione. La linea che divide è sottile certo, ma si può fare ancora informazione senza essere dissacranti?

Dico scherzando che si può scrivere un libro sull’etica e il fotogiornalismo perché sono scomparsi tutti e due. Ma nemmeno tanto scherzando. Non c’è un prima e un dopo nel rispetto della dignità umana. I mascalzoni sono forse sempre stati in maggioranza. Le regole sono fatte per questo, anche se sempre vengono aggirate. La società di massa non ha aggravato il problema, lo ha solo reso planetario. In questo senso non  può che andare peggio. Anche le fotografia ha le sue colpe. La natura morta che ha privilegiato, diceva Longanesi , è il cadavere, e per esaltarne la morbosità lo si fa viaggiare assieme all’eros.

Con le sue immagini ha esplorato la fotografia in ogni suo campo come la moda, la pubblicità, il reportage, il ritratto, le sfilate. Non è certo il curriculum di un fotografo specializzato, come molti ritengono sia obbligatorio essere. La considera più una forza o una mancanza? Ci sono ancora ambiti che vorrebbe fotografare e non ne ha mai avuto l’occasione?

Non ho mai creduto ai generi. Per me un fotografo è uno che guarda cercando di vedere e che cerca di comunicare quello che ha visto. Che fa un fotografo di moda se si trova davanti a un paesaggio che l’emoziona, non fa la foto perché quelle le fanno i paesaggisti? O chiama d’urgenza una modella?  Sciocchezze.  Non credo ci siano ambiti con i quali non mi sia misurato come fotografo. Non so, forse la fotografia di montagna o quella scientifica, perché sono territori che non frequento.
Ma se li frequentassi sono sicuro che mi farebbero scoprire immagini. Certo uno magari fa certe cose meglio di altre. Ma un fotografo è un fotografo.

Nella sua carriera crede di essere stato più intraprendente, tenace o fortunato?

Senza dubbio alcuno più fortunato.

Crede sia cambiato il tipo di atteggiamento del pubblico nei confronti delle immagini negli ultimi anni?

Sì, perché da cinquant’anni tra cinema, televisione, internet e fotografia ne hanno avuto davanti milioni. L’alfabeto visivo ormai si succhia con il latte. Ma una cosa è l’alfabeto, un’altra la sintassi e un’altra ancora la capacità di distinguere la qualità.

La fotografia ha ancora un ruolo di informazione o è diventato puro voyeurismo?

E’ conseguenza del troppo successo della fotografia. Le immagini servivano a costruire un ponte positivista tra noi e il mondo. Hanno finito col diventare un muro, una montagna che ce lo nasconde il mondo. Le informazioni, i documenti, ammesso che interessino a qualcuno, ormai si cercano altrove. Allora le immagini diventano cosmetici e i cosmetici servono ad apparire.

Estetica e contenuto sono due elementi fondamentali nelle fotografie. E’ ancora così?

Francamente mi sembra una diatriba troppo vecchia per discuterne ancora. Un chicco d’uva sarebbe ancora un chicco d’uva se non avesse la forma di chicco d’uva? E qualcosa che ha la forma di un magnifico chicco d’uva ma non ha sapore d’uva è ancora un chicco d’uva?

In merito ai contenuti non pensa che questo nostro andare di corsa ci faccia essere sempre più superficiali rendendoci indifferenti?

Succede con tutto. Non si può mangiare ogni giorno caviale o sempre fagioli. Non si può fare sesso dieci volte al giorno e averne ancora voglia. Non si possono vedere tragedie e cadaveri ogni giorno e non diventare indifferenti.

La quantità di informazioni affolla il web, si può trovare di tutto, anche come rapinare una banca.  Semplice esibizionismo o reale necessità?

Se uno vuole rapinare una banca magari gli serve. O se vuole suicidarsi. A me serve soprattutto per sapere se è ancora vivo uno Il Web è come il mondo: c’é tutto, ma poche sono le cose davvero accessibili o che davvero ci servono.
Il web è una discarica: c’è merda a ci sono diamanti.
Che cosa ti serve? Lo sai cercare? Sapere quello che vuoi è difficile. Imparare a conquistarlo implica sforzo, cultura, disciplina. Chi pensa di poterne fare a meno con il web si sbaglia e sarà sconfitto.

15 comments
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  • 29 Ottobre 2010 at 20:37

    Come hai detto nell’introduzione, realista e concreto. Infatti è quello che traspare dalle sue parole. Più che un’ intervista sembra una “fotografia” del mondo attuale.
    […] Che fa un fotografo di moda se si trova davanti a un paesaggio che l’emoziona, non fa la foto perché quelle le fanno i paesaggisti? Un fotografo è un fotografo. […]
    Oddio mi sono collassato quando l’ho letto! auhahuua 😀

    • Barbara
      29 Ottobre 2010 at 21:43

      @Francesco: si, mi sono scapottata pure io. Dovrebbero leggerlo quelli di alcune agenzie pubblicitarie.
      @Bruko: si può dire che non ha proprio peli sulla lingua 🙂
      @ Nicola: ma prego.

  • 29 Ottobre 2010 at 20:43

    Quello che amo di lui e’ la sua lucidita’, nelle immagini e nelle parole.
    Va dritto al punto e lo centra ed e’ una cosa che ho sempre ammirato moltissimo in lui.
    Grazie per aver biecamente sfruttato le tue conoscenze 🙂

  • 29 Ottobre 2010 at 21:20

    Brava e grazie. Il resto si commenta da sé.

  • Stefano
    29 Ottobre 2010 at 21:57

    Grazie Barbara per questa bella intervista. Davvero.

    Un saluto.

    • Barbara
      29 Ottobre 2010 at 22:07

      Grazie a te Stefano di essere passato e di aver letto.

  • 30 Ottobre 2010 at 00:16

    Che dire, una grande intervista 😀
    Molto interessante leggere queste risposte semplici, concise ma anche davvero intense.

    Grazie ad entrambi 🙂

  • Paolo Rinaldo
    30 Ottobre 2010 at 15:55

    Complimenti per l’intervista Barbara!
    Tagliente, semplice e fotografa il mondo d’oggi..

  • 1 Novembre 2010 at 20:45

    Bella, bella foto questa tua intervista: intellettuale totale, aperto, uomo nuovo, si diceva quando aveva vent’anni…

  • 2 Novembre 2010 at 09:51

    Grazie Barbara di avere avuto questa brillante idea e di avere condiviso tutto questo. Scianna credo sia dentro tutti noi… Ha influenzato intere generazioni di fotografi! Ma…. vuoi vedere che stiamo scoprendo un nuovo spiazzante talento della signorina Zonzin :-)? Ci piaci come intervistatrice! Se non concepisci domande intelligenti e ben strutturate è difficile avere risposte intelligenti e ben strutturate. 😉

  • 2 Novembre 2010 at 10:10

    Fantastica intervista, brava tu e unico lui. Tempo fa sul mio blog scrissi un post riportando alcuni passaggi del suo intervento a Fotografica 2009, metto qui il link per chi volesse leggere ancora qualche sua perla: http://2009-f64.blogspot.com/2010/01/scianna-bits.html Se non ti dispiace, riporterei qualche passaggio della tua intervista anche nel mio blog!

    • Barbara
      2 Novembre 2010 at 16:20

      @Silvia: Grazie!. Vuol dire che se non mi andrà bene con la fotografia…. ;-D
      @Fra: a Fotografica 2009 c’ero pure io e mi rotolavo dalle risate su alcuni suoi racconti di cui conoscevo i retroscena. Mitico come sempre. Prendi pure quel che ti serve, fai copia/incolla o quel che vuoi, basta che citi la fonte, semplicemente per rispetto dell’intervistato 🙂

  • 4 Novembre 2010 at 10:34

    “Il web è una discarica: c’è merda a ci sono diamanti.”

    Notevole.

    Grazie per questa intervista Barbara, fantastica!

    • Barbara
      4 Novembre 2010 at 10:36

      Si, anche a me quella frase ha lasciato un pò così…. spiazzata. Perchè tremendamente vera ;-D

  • 9 Novembre 2010 at 09:13

    E’ la quarta volta che rileggo e sono estasiato da questa intervista. Grazie ad entrambi.

    C’è molto da imparare soltanto (e ti sembra poco??) da queste parole.

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