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Essere obiettivi
10 Gennaio 2011|Professione

Essere obiettivi

Essere obiettivi

Battuta sfruttatissima ma in effetti, quale migliore qualità per un fotografo che essere obiettivo? In breve, quando vi mettete a scegliere i vostri scatti, a costruire il portfolio, a scremare e selezionare quali immagini far vedere… siete in grado di essere veramente al di sopra di ogni giudizio? Certo che no, è tipico, noi fotografi siamo dei pessimi editor di noi stessi. E’ per questo che l’operazione di selezione la fa meglio una persona esterna. L’emotività e il coinvolgimento che hanno fatto parte della realizzazione di una immagine non ci permette di essere sinceramente distaccati nella sua valutazione e spesso cadiamo nella brutta abitudine di non “vedere” ma guardare solamente. E’ per questo motivo che lo scorso mese ho voluto incontrare un paio di colleghe che stimo molto e confrontarmi con loro sul portfolio.

La mia prima selezione è stata piuttosto dura in quanto mi sono trovata  davanti tutti quei “pezz’e core” e ho dovuto decidere quali scartare con relativo strazio. Ho eliminato interi servizi che ritenevo ben riusciti per cercare di dare una coerenza alla presentazione finale concentrando l’attenzione su un singolo argomento. Dare poi una sequenza alle rimanenti foto pensavo fosse la cosa più semplice. E invece mi sono ritrovata con due filoni ben definiti che non si integravano molto, quindi i ragionamenti sono stati svariati. Sulle prime il risultato appariva soddisfacente ma come detto sopra, il prosciutto sugli occhi e duro a levarsi. Così ho preso il mio malloppo e sono andata ad incontrare le mie amiche. Il primo incontro  è stato più morbido ed ha rispecchiato diverse delle cose che mi erano state dette in passato sulle singole storie lasciandomi ancora di più nel panico perchè incapace di comprendere il mio stato di insoddisfazione anche se alcuni appunti sono stati registrati e ben valutati, come il fatto che  lo svolgimento di una storia per immagini debba soddisfare la curiosità di chi guarda sviluppandosi in maniera completa. Il secondo turno è andato molto meno liscio. Nel giro di poco mi sono ritrovata con meno della metà delle foto sparse sul pavimento e le mie mani che cercavano di dare un nuovo senso a quel che rimaneva del genocidio. Ma la cosa sorprendente è stata realizzare che la separazione in quel momento era assolutamente indolore. Certo la confusione ha annebbiato la mente per qualche attimo ma quando si è innesca il meccanismo dell’ ossessivo-compulsivo che vede in maniera selettiva, l’attenzione non si è distolta dall’obiettivo finale e tutto è diventato più chiaro. Ora però mi aspetta un esame ancor più duro. Col nuovo portfolio voglio affrontare il giudizio di professionisti del settore editoriale, tanto per vedere se si salva qualcosa. Nel frattempo sto lavorando al nuovo sito – in cantiere da troppo tempo – che sarà frutto di queste ultime esperienze.

Il bello di tutto questo non è stato solo poter riflettere sui miei lavori ma avere modo di imparare moltissimo anche dalla lettura dei portfoli degli altri. Le visite infatti non erano finalizzate unicamente al “massacriamo le foto di Barbara” ma ad un reciproco supporto. Ho fatto anch’io la mia parte ed è stato illuminante. Perchè quando ti metti a valutare foto non tue riconosci immediatamente che tutti fanno grosso modo gli stessi errori, che le tue paure sono condivise, che le incertezze esistono anche per chi credi abbia già trovato la sua strada. Ma soprattutto ti da modo di usare le foto di altri per giudicare le tue aggirando l’ostacolo del coinvolgimento emotivo.

Se avete un collega che stimate (e molto poco permaloso) proponetegli uno scambio di lettura/critica sul portfolio; terreno neutro, niente svilimenti, niente osservazioni troppo tecniche, aprire la mente e osservare. E osservare di nuovo. Quello che ne risulterà sarà un confronto alla pari che aiuterà lui ma soprattutto voi stessi perchè vedrete le vostre immagini con altri occhi. E soprattutto… meglio togliere che mettere.

13 comments
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  • 10 Gennaio 2011 at 17:59

    Parole sante! è difficile separarsi dai propri tesori ma necessario. In fondo è il motivo per cui non ho ancora mai realizzato un portfolio serio. Costa almeno tanta fatica quanto realizzare dei buoni scatti.

    • Barbara
      10 Gennaio 2011 at 18:16

      La separazione è atto di dolore e vuol dire rinunciare a cose che ti portano emozioni e sentimento. Questo ci frega. Ma cavoli… dovremmo pensare che la foto che dobbiamo ancora fare sarà molto migliore di quelle già fatte. Così forse è più facile 🙂

  • 10 Gennaio 2011 at 18:00

    Credo sia uno dei punti dolentissimi per tutti.
    E credo il tuo sia un consiglio validissimo.

    Io sto lavorando alla ridefinizione di quello che voglio fare e se ne esco intera dall’altra parte vuol dire probabilmente che ho sbagliato qualcosa 😀

    • Barbara
      10 Gennaio 2011 at 18:18

      Tu sei un gatto: cadi sempre in piedi (ma quello di halloween non era tuo parente vero??) 😀

      • 10 Gennaio 2011 at 21:16

        Bruko è già stata sbudellata… quindi è immortale!

      • 12 Gennaio 2011 at 11:49

        era una delle mie vite, ma l’ho spesa volentieri 😀

  • glicerina
    10 Gennaio 2011 at 18:49

    Segnalo, per chi non l’avesse ancora letto, un vecchio post dal blog di Scott Kelby.
    Pruning the portfolio
    http://bit.ly/gpj522

    Io non sono ancora riuscito ad avere un portfolio degno di tale nome, e che mi convincesse fino in fondo.
    Quindi faccio finta di non averlo, e quando mi serve piango. 🙂

    “The difference between a bad photographer and a good one? You never see the good photographer’s bad pictures.”

    • Barbara
      10 Gennaio 2011 at 19:17

      esattamente questo!

  • 11 Gennaio 2011 at 09:20

    Bel post 🙂

  • TheStylist
    11 Gennaio 2011 at 13:01

    E’ tutto relativo. Bisogna imparare da noi stessi a fare pulizia nei nostri hard-disk. Abbiamo tutti tonnellate di file da cestinare, ma la pigrizia in primis ci rende le cose più difficili. Chiaro che partire da una situazione del genere per creare un portfolio rende le cose mooolto più difficili.
    Da parte mia ho fatto propria questa citazione, e devo dire che piano piano sta migliorando molto il mio “dono di sintesi” fotografica:

    “Le tue prime 10000 fotografie sono le peggiori!”

    Henri Cartier-Bresson

    • Barbara
      11 Gennaio 2011 at 13:26

      Infatti quello di cui parlo io non è la scelta iniziale, ma quella finale. Quando hai pensato di aver fatto del tuo meglio e scremato solo la parte migliore del tuo lavoro, vista da fuori quella scelta risulta comunque eccessiva, errata o incoerente. Spero che nessuno pensi di mettere insieme il suo portfolio (parlo a livello professionale) con le prime foto in assoluto. Forse nemmeno un fotoamatore ci penserebbe. O si? o_O

  • 17 Gennaio 2011 at 18:17

    In generale credo che giudicare se stessi sia una cosa oggettivamente molto difficile: si rischia di essere troppo severi o troppo indulgenti e poi non riuscirai mai a vedere il tuo volto se non attraverso uno specchio, per cui un qualcosa/qualcuno di esterno.
    Poi l’importante, credo, sia anche non “gasarsi” per i complimenti, nè pensare di aver sbagliato tutto per le critiche.

    Anna

    • Barbara
      17 Gennaio 2011 at 18:24

      Le critiche servono per migliorare e stimolare. Chi non sa fare una critica costruttiva ha solo della frustrazione da esprimere.

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