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i: Monica Antonelli
7 Settembre 2010|Autorii:

i: Monica Antonelli

i: Monica Antonelli

Forse meglio conosciuta come Monimix. Fotografa lombarda molto giovane e piena di talento. Io la chiamo “rigore e pulizia” perchè il suo stile è così: asciutto, preciso, semplice ma accattivante. Le sue immagini catturano l’occhio e invogliano a volerne di più, e di più. Anche con lei ho voluto fare il giochino dell’intervista e le domande sono le stesse fatte a Sara Lando. Vuoi perchè le ho conosciute nella stessa occasione (facciamo parte del direttivo Tau Visual), vuoi perchè in questo modo si possono mettere a confronto due persone con stili così diversi, vuoi perchè quelle domande le ho scritte pensando proprio a loro due. Insomma, una bella manciata di psicanalisi alla Linus (il fumetto). Su cui meditare. Meditare per le similitudini dei meccanismi, per le differenze poco pronunciate, per quella professionalità che si esprime in modo completamente diverso ma che accomuna per dedizione, intensità, passione, determinazione, paura e amore.

Mi puoi raccontare come nascono le idee delle tue foto? Se hai un processo mentale o delle cose che fai abitualmente?

In genere il desiderio di scattare mi nasce nei momenti in cui non posso scattare, vuoi perché sono in fila al supermercato, o in una sala d’attesa o anche solo nella vasca da bagno… e allora mi appunto mentalmente (o sul cellulare) quell’idea per non perderla nei meandri della memoria pessima che mi ritrovo. Di solito è una bozza primitiva dell’idea, a cui piano piano inizio ad aggiungere particolari cancello mentalmente gli  elementi che non mi convincono e realizzo un brainstorming dentro di me, sino a che non arrivo ad un’idea più completa che mi convince. Fondamentale per me è trovare una storia che sostenga gli scatti, quindi mi creo una sorta di micro film mentale di come dovranno essere fatti gli scatti, le inquadrature, i tagli di luce, l’interpretazione della modella, la post produzione finale, la sequenza, il tutto nell’ottica del comunicare il messaggio, del raccontare la storia.

Quali sono le principali emozioni che scatenano il desiderio o la necessità di scattare?

Fermo restando che sto cercando di utilizzare sempre meno la parola “emozione” dal vocabolario legato alla fotografia, perché nonostante io ne sia sempre stata un’accanita sostenitrice, inizio a non poterne più di leggere frasi del tipo “tecnicamente la foto fa schifo, ma questo tappo di sughero mi emoziona parecchio, quindi non potete giudicare”, per questa volta farò un’eccezione.
Vivo alti e bassi come tutti, gli alti molto alti, i bassi molto molto bassi. E’ soprattutto in questi bassi che mi si scatenano mille idee in testa per nuovi scatti. Alle volte sono talmente negativi da essere accantonati, altre volte dò loro vita. Diciamo che come per i poeti, la maggior fonte di ispirazione sono i momenti difficili che vivo e la fotografia è un aiuto per buttare fuori tutte le emozioni negative che sento dentro. Una volta scattato mi sento più leggera. Non è un caso che la gente inizialmente pensava che io fossi una depressa cronica, perché nei miei scatti vedeva tristezza e angoscia. Se poi uno mi incontra per strada capisce che sono una insopportabile ottimista e che riesco ad esserlo proprio perché mi sono depurata e psicanalizzata attraverso i miei scatti.

Nelle tue immagini ti esprimi in fatto del tuo passato o futuro?

Credo col presente. Così come vivo alla giornata, così comunico nelle foto il mio oggi, ciò che sento e vivo nel momento in cui scrivo e rifletto. Non penso al futuro, né ripenso al passato. Esiste l’oggi e va bene  così.

Il tuo stile così chiaro e ordinato deriva forse da questa pulizia mentale che fai tramite la fotografia?

Beh la pulizia mentale avviene dopo lo scatto, prima ho una certa confusione in testa (nonostante la pianificazione), un pot-pourry di emozioni contrastanti che scaturiscono poi nello scatto. Forse all’osservatore appare lo scatto pulito perchè sono una precisina di natura e quindi mi piace, anzi ne sento l’esigenza fisica, di far attenzione ai dettagli.

Quando realizzi delle immagini per la tua ricerca pensi già al loro utilizzo o segui unicamente l’istinto?

Dipende. A volte mi capita di avere un’idea in testa e di pianificare gli scatti con la ferma intenzione di realizzare esattamente quell’immagine perché ho già chiaro in mente come la post produrrò e come la utilizzerò. Altre volte mi capita di esser sul set con la macchina fotografica in mano e non essere soddisfatta, quindi rivoluziono l’idea anche radicalmente. Non riesco a continuare a scattare se percepisco una sensazione negativa come quando le foto, o la luce, o la persona che ho davanti non mi convincono. Piuttosto cambio tutto e riprendo quell’idea in un’altra occasione avendo cura di modificare quegli aspetti che la prima volta non funzionavano.

Più pancia o più testa?

Entrambe. L’una non potrebbe esistere senza l’altra nella progettazione. Se mi facessi guidare solo da una delle due sarebbe un disastro. Fare foto solo con la testa equivarrebbe a realizzare scatti freddi, senz’anima, e non sono foto che amo. La testa viene prima, nella pianificazione del set, delle luci, e di tutti gli elementi che compongono l’immagine. L’istinto viene sul set, quando sento se ciò che ho davanti mi colpisce, mi comunica qualcosa. In caso contrario rivoluziono il tutto finché trovo ciò che cerco.

Hai mai avuto paura di non riuscire a convincere te stessa della qualità del tuo operato?

Ogni volta che scatto una foto e la vedo a computer difficilmente sono convinta e soddisfatta di ciò che ho davanti. Sono poche quelle che sono riuscite a farmi dire: “Oh, è lei! È lei quella che cercavo e volevo.” Sono molto dura con me stessa, ancora più che con i lavori degli altri, quindi ogni volta è un massacro. Però a volte capita che una foto riesce a farmi innamorare anche se ha qualche difettuccio o non è esattamente quello a cui avevo pensato prima di scattare, ma sono casi rari.

La tua vita privata influenza le tue immagini? E quanto?

Ciò che influenza le mie immagini sono le sensazioni che provo, essendo esse un aspetto privato, credo quindi che, sì, la mia vita privata influenza i miei scatti. Negli scatti di ricerca sicuramente moltissimo, attraverso esse esprimo ciò che a parole a volte non riesco a dire.
La fotografia è un po’ come questa intervista, vorresti mostrare solo ciò che preferisci per non mostrarti completamente nuda e inerme agli altri, ma alla fine non riesci a fingere e ti doni completamente. Credo che quegli scatti siano i migliori perché sono totalmente sinceri e la gente lo percepisce. Per esempio, quest’intervista, facendo cadere l’ultimo velo di chiusura, mi ha aiutata nell’aggiungere l’ultimo tassello di convinzione per alcuni scatti a cui stavo pensando. Domani inizio subito a lavorarci!

Cosa ti emoziona nelle immagini degli altri?

Leggervi una storia vissuta, immaginare ciò che non si vede, pensare a cosa può aver provato l’autore nell’ideare quegli scatti, l’intensità espressiva e comunicativa della persona ritratta, l’uso eccelso della luce… sono tanti gli elementi che mi fanno emozionare, alcuni arrivano direttamente alla pancia senza passare per il cervello.

E nelle tue?

Nelle mie mi emoziona il ripensare a come sono nate, all’impegno, alla tenacia di portare avanti un’idea, all’organizzare il tutto. Nel rendermi conto di essere riuscita ad esprimere ciò che volevo e riprovare quella sensazione.

Momenti di crisi esistenziale e creativa: ne hai avuti? Come li affronti?

Hai voglia! Ne ho avuti e ne ho costantemente parecchi. A dire il vero ne ho più oggi di quando ho iniziato, forse allora c’era un po’ di quella sana incoscienza che ti tiene saldo anche nelle difficoltà. Oggi pesa di più arrivare a fine mese e dover fare i conti con l’affitto, perché ti rendi conto che hai trent’anni e dovresti essere più avanti del punto in cui sei. Ma essendo io una persona estremamente schizofrenica, dopo un quarto d’ora di lamentele e lagne varie in cui scendo negli inferi più inquieti della psiche umana, la parte più positiva e pratica di me, mi riprende per i capelli e mi riporta alla realtà, a pensare a cosa fare anziché starmene immobile a deprimermi.
Sicuramente un atteggiamento pratico e positivo è il primo passo per superare certi momenti difficili. Questo, associato ad una continua ricerca di idee, spunti e storie mi aiuta ad affrontare le crisi esistenziali e creative che mensilmente mi assalgono.

Chi è il più feroce critico delle tue foto? Chi è la prima persona con cui ti confronti?

Il più spietato e feroce critico delle mie foto sono sicuramente io. Nessuno è mai riuscito a criticare così tanto le mie foto quanto lo faccio io, anche perché quelle che pubblico sono quelle che hanno superato varie analisi da parte mia, quindi diciamo che sono quelle sopravvissute. Quindi direi che nonostante tante critiche negative ricevute da altri, credo di mantenere comunque io il primato. Diciamo che sono come una mamma con i propri figli, pronta a criticarli fino alla morte pur di aiutarli a crescere, ma pronta a difenderli a spada tratta davanti al mondo, pur riconoscendone i difetti e gli errori.
Colui che ha la “fortuna” di condividere con me i piacevoli momenti del confronto (puro sarcasmo ovviamente!) è il mio fidanzato. E’ l’unica persona a cui mostro i miei scatti in anteprima, se sono sopravvissuti alla falce della mia censura, allora lui è il primo a vederli. E’ sempre molto obiettivo, pur stimandomi molto riesce sempre a darmi un parere scevro da qualunque elemento affettivo. Se una foto fa schifo me lo dice. Il confronto con lui è sempre molto istruttivo, spesso dalle nostre chiacchierate sono nate nuove storie da raccontare o nuovi punti di vista che non avevo considerato.

Ispirazione: ognuno ha il suo modo. Per te conta più quello che vedi (libri, giornali, film…) o quello che provi (viaggi, vita, amore…)?

E’ un giusto mix di tutto. Osservo centinaia di immagini su internet, sui libri, sulle riviste, guardo film, video musicali; le studio per carpirne i segreti, penso a come l’avrei fatta io, rifletto sugli aspetti che mi colpiscono e quelli che non mi convincono. A questo aggiungo altri tipi di informazioni con cui si entra quotidianamente in contatto attraverso i giornali, la cronaca, i libri, le mostre. Ed infine rielaboro il tutto con la mia sensibilità, con un pizzico di esperienza personale e l’idea prende forma. Altre volte invece mi capita che l’ispirazione arrivi in quei momenti in cui non sto facendo nulla, in cui la mente è libera di vagare e lì tutto il bagaglio di informazioni acquisite si assemblea dopo esser stato rielaborato e ne ottengo un bozzolo iniziale da cui partire.

Hai dei riferimenti di stile che influenzano il tuo modo di vedere?

Sicuramente inconsciamente sono influenzata dalla miriade di immagini che guardo abitualmente, osservo e studio centinaia di scatti di chiunque: dal grande fotografo al ragazzino di neanche vent’anni che posta le sue immagini nelle community. Osservo tutto per poi farlo sedimentare dentro di me e reinterpretarlo un giorno, con la mia sensibilità, lasciando fluire le idee in totale libertà.
Nella ricerca non mi limito solo a fotografi di un settore specifico, ma guardo qualunque tipo di immagine, dalla moda, al ritratto, allo still life, al reportage, agli scatti di scena e persino scatti amatoriali fatti in casa dove si vedono la naturalezza e la realtà dei giorni nostri senza filtri e finzioni.
Per citarti un paio di nomi di fotografi che sicuramente hanno influito sulla mia formazione ci sono due grandi (un americano e un italiano per par condicio): Steven Meisel e Settimio Benedusi.
Di Meisel ammiro la capacità di creare ogni volta storie e scene complesse con luci eccezionali che ti fanno pensare a scatti tratti da film, grazie anche alla sua straordinaria capacità di ritrarre le modelle come fossero dive del cinema.
Benedusi lo seguo dal primo giorno in cui ho iniziato a scattare. Attraverso i suoi scatti e le sue parole ho imparato moltissimo, come per esempio l’importanza di costruire una storia dietro agli scatti, l’andare oltre le regole, creare immagini forti che colpiscano l’osservatore. Lui ha dato forza a ciò che dentro di me esisteva già, ma che da piccola fotografa inesperta non avevo il coraggio di esprimere ancora.

Cosa ne pensi di chi crea in team? Credi veramente che una singola foto possa essere concepita da più teste? (intendo fotografo con fotografo). Gli esempi di gruppi di successo sono molto pochi. Forse perché il fotografo ha l’esigenza di esprimersi in prima persona?

Ammiro quei fotografi che riescono a unire le loro teste per creare un progetto comune, ma personalmente non capisco come riescano in tale impresa. Non credo riuscirei a realizzare un’idea insieme ad un’altra persona. Vuoi perché sono molto orso e quindi amo starmene per conto mio in stile eremita che riflette, vuoi perché non mi sentirei libera di comunicare appieno le mie visioni e le mie sensazioni, probabilmente per un limite mio, però credo che per me, ma soprattutto per l’altra persona, sarebbe meglio lavorare separatamente. Non vorrei nemmeno io lavorare con me stessa, se potessi! Hehehe 🙂

Considera chi sei ADESSO, in questo momento… qual’è la tua paura più grande?

L’unica mia paura (sempre è stata e sempre sarà) è quella di perdere le persone a me care. La sola cosa importante da cui non si torna indietro. Ecco perché preferisco vivere giorno per giorno ciò che ho oggi senza pensare ad un futuro troppo lontano. Non ho mai avuto le tipiche paure infantili (il buio, l’uomo nero e via dicendo), ma ho sempre temuto di perdere i miei cari, sin da adolescente l’unica cosa che temevo era quella e lo è ancora adesso. Rispetto a questa tutte le altre difficoltà diventano affrontabili e minuscole.

Il tuo sogno più grande?

Il sogno più grande sarebbe continuare a fare questo lavoro senza l’ansia di dover controllare il conto in banca ogni giorno e non dover sempre penare quando arriva la fattura dell’affitto dello studio! E’ triste doversi limitare agli aspetti economici, ma purtroppo in questo periodo quello che sarebbe auspicabile sarebbe proprio il sentirsi tranquilli senza ogni volta guardare con terrore la posta in cerca di quella busta malefica.

La soddisfazione maggiore?

Guardarmi indietro e vedere cos’ho ottenuto solo contando sulle mie forze. Anche se mi critico tanto, ci sono momenti in cui mi fermo a riflettere e guardandomi indietro vedo quanto sono riuscita a migliorare e questa è la soddisfazione più grande. Certo, di strada da fare ce n’è ancora tanta, però a volte fa bene fermarsi e guardare alle nostre spalle, giusto per darsi una pacca sulla spalla d’incoraggiamento e continuare il cammino.
Quando ho iniziato non ho avuto facilitazioni, non ho fatto da assistente a qualcuno che potesse farmi sbirciare nel mondo del lavoro come funzionavano le cose, ho dovuto rimboccarmi le maniche e iniziare da sola. Ringrazierò sempre internet e tutte le persone che con i loro tutorial, con i loro video e articoli mi hanno insegnato la tecnica pura, le regole da seguire e il loro stravolgimento. Persone che mi hanno fatto capire l’importanza di andare oltre la tecnica, il cercare una storia da raccontare, il mettere sul banco pubblico le sensazioni che proviamo per metterci a nudo davanti agli altri. Persone che mi hanno insegnato a vivere la fotografia come una scelta di vita, non come un lavoro.

La più grande rinuncia?

Non credo di aver rinunciato a qualcosa, nel lavoro come nella vita credo di non aver rinunciato a nulla. Preferisco fare e poi ripetermi “cavolo, perché ho fatto così, o cosà” piuttosto che rinunciare a qualcosa.

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14 comments

  • 7 Settembre 2010 at 17:58

    Grazie Barbara! 🙂

    • Barbara
      7 Settembre 2010 at 18:18

      No no… grazie a te… 😉

  • 7 Settembre 2010 at 20:46

    Spesso mi capita di vedere i lavori di fotografi, studiarli e immaginarmi come sono loro. Non ci azzecco mai! Fortuna ci sono le interviste.
    @Monica: C’è del teatro in molte tue foto, ne sei consapevole?
    @Barbara: mi chiedevo chi sarò ad intervistare te? Ho delle domande pronte, non fare complimenti 🙂

  • 7 Settembre 2010 at 21:08

    Per me la cosa pazzesca e’ trovare cosi’ tante cose in comune con qualcuno che in fondo non conosco quasi.
    Passi una vita a sentirti solo, storto, strambo e poi scopri che a pochi metri da te c’e’ il tuo specchio…
    Internet per me e’ fantastica anche grazie a questo.
    E grazie, Barbara. Grazie davvero.
    Sarei curiosa di leggere le tue risposte alle stesse domande 🙂

  • 7 Settembre 2010 at 21:10

    Eh..anche questa bella tosta come intervista…Mi piace molto il tuo stile di vita. Sono il primogenito di sette figli e con una famiglia così la frase “vivo la giornata” è diventata oramai uno slogan, sotto tutti i punti di vista. Io penso che è proprio questo che da forza, carica e positività, perchè si apprezza ogni piccola sfumatura, ogni dettaglio, ogni istante del momento che stiamo vivendo. Ci sono solo due giorni l’anno in cui non puoi fare niente. Uno si chiama ieri e e l’altro si chiama domani. Dalai Lama.

  • Sandra
    7 Settembre 2010 at 21:13

    Grazie a tutte e due… : ))

  • 8 Settembre 2010 at 08:22

    Bella anche la seconda intervista! 🙂 Ci piacciono queste donne fotografe sensibili e forti. Leggere l’autoanalisi di altri aiuta a ritrovare se stessi.

  • Federico
    8 Settembre 2010 at 09:48

    Domande difficili e risposte sincere. Sono colpito e ammirato! Complimenti davvero, di cuore!!!

    • Barbara
      8 Settembre 2010 at 10:27

      @ Nicola e Bruko: mi avete scoperto…. si, queste domande le ho messe giù in un momento di mia pazzia (non saprei come chiamare quelle sensazioni miste di euforia e sconforto) e avevo bisogno di chiarirmi le idee. Quindi erano un pò anche per me. Però far rispondere ad altri è più facile e la curiosità di conoscere meglio Monica e Sara mi ha fatto unire il tutto.

      E’ bellissimo leggere di qualcuno che riesce a comunicarti delle emozioni ANCHE raccontando. Come dicevo nell’introduzione scoprire delle similitudini ti rende più forte perchè sai di non essere solo. E poi io so per certo che nessuno si incontra per caso nella vita.

  • 8 Settembre 2010 at 10:46

    @Nicola: mi è capitato che qualcuno mi dicesse che le mie foto avessero tratti cinematografici, ma del teatro, ancora no, quindi: grazie! E’ un bellissimo complimento; se anche in minima parte sono riuscita a racchiudere quelle atmosfere o sensazioni che solo il teatro sa restituire ne sono orgogliosa e felice!

    @Bruko: Nei giorni in cui stavo iniziando a buttar giù le idee per rispondere a queste domande, ho visto che Barbara ha pubblicato la tua intervista, volutamente ho aspettato a leggerla per non esser in alcun modo “traviata” dalle tue parole ed esperienze. Una volta riposto alle mie domande (e consegnato il compito alla maestra) mi sono letta le tue di risposte e mi è venuta la pelle d’oca! Ne parlavo proprio nei giorni scorsi con Barbara, è impressionante vedere quanto abbiamo in comune nonostante non ci siamo mai frequentate. Ecco perchè alla prima riunione del direttivo quando ci siamo dovute presentare e tu hai parlato appena prima di me, ero in difficoltà… mentre parlavi pensavo: “anche io ho fatto così”, “anche io la penso così” e quando ho dovuto iniziare mi sembrava di essere a scuola e ripetere come un pappagallo quello che ha detto il nostro compagno di banco! 🙂
    Potremmo fare noi un’intervista doppia a Barbara, che ne dici? hehehe un fuoco incrociato di domande 😉

    @Francesco: Grazie! La vita ti insegna che la cosa più importante è vivere il momento, il presente, perchè non abbiamo garanzie di ciò che succederà domani, quindi meglio non aspettarsi che domani sarà meglio, ma vivere appieno l’attimo che non tornerà più. Non so chi abbia detto questa frase, ma me la ripeto nei momenti difficili: oggi è il presente e il presente è un altro modo di dire “dono”.

    @Sandra: Grazie a te per esserci stata! 🙂
    @Silvia: Grazie! 🙂
    @Federico: Grazie mille! 🙂

  • 8 Settembre 2010 at 12:19

    Oltre ad ammirare quotidianamente i lavori di Monica, ammiro ed “invidio” il genio che è in lei….

  • Giacinto
    8 Settembre 2010 at 16:32

    Devo dire che sono arrivato a te grazie a un “maestro” comune: Settimio Benedusi, adoro il tuo modo di esprimerti nella fotografia e quanta cura hai dei particolari. Riuscire ad esprimere un concetto in una foto non è da tutti soprattuto se parliamo di stile personale e non di puerili imitazioni di un stereotipo di fotografia che ultimamente si trova nei giornali di settore ( e non …) complimenti.

  • 9 Settembre 2010 at 11:33

    E’ la seconda volta che rimango “estasiato” da queste interviste, perché è la seconda volta che ho modo di comprendere e capire molte più cose riguardanti la fotografia, di quante non ne abbia capite sino ad ora.

    Soprattutto grazie a questa intervista ho avuto modo di potermi porre molte e molte domande a cui ora DEVO e VOGLIO trovare una risposta. Ho trovato molti spunti di riflessione.

  • 14 Settembre 2010 at 14:17

    Grazie ragazzi! Scusate il ritardo nella risposta… non mi erano arrivate le notifiche dei vostri commenti! Sorry!!
    @Francesco: esagerato!! Addirittura “genio”…
    @Giacinto: Grazie per le splendide parole, fanno sempre bene al cuore!
    @Malakh: 🙂 vai così!!

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